Roberto De Simone Giulio Einaudi - 1998 - £ 28.000
IL PRESEPE POPOLARE NAPOLETANO


I personaggi

I pastori che animano i vari luoghi del presepe presentano una complessa simbologia, non sempre facilmente decifrabile, soprattutto perché nelle tradizioni popolari si riscontrano aggregazioni e accumulazioni di segnali appartenenti a epoche diverse ed entrate a far parte del codice dell'immaginario.
Questo spiega anche perché accanto ai pastori vestiti secondo la foggia romana antica troviamo pastori paludati alla maniera settecentesca o addirittura piú recenti.


I
Re Magi
La
Re Màgia
La
Lavandaia
La
Zingara
La Zingara
col bambino
La Zingara
senza bambino
Il
Cacciatore
Il
Pescatore
Altri



Contrassegnati come pastori nobili sono I RE MAGI sui tre rispettivi cavalli dal colore bianco, rosso o baio, e nero.
Nelle favole campane tale cromatismo simboleggia l'iter quotidiano del sole: bianco per l'aurora, rosso o baio per il mezzogiorno, e nero per la sera e la notte. I Re Magi, dunque, rappresentano il viaggio notturno dell'astro, che termina lí dove si congiunge con la nascita del nuovo sole bambino.
D'altra parte, in senso solare va interpretata la tradizione cristiana secondo la quale essi si mossero da oriente, che è il punto di partenza del sole.


Sk_16: Re giovane, Napoli, Collezione Privata.
Foto di Luciano Romano


La simbologia solare dei Re Magi era chiaramente espressa in passato, quando al loro corteo si aggiungeva una figura femminile detta "LA RE MÀGIA", evidente rappresentazione della luna che segue il viaggio notturno dei tre sovrani.
Essa veniva raffigurata in portantina sorretta da quattro schiavi, e, secondo la tradizione, rappresentava la fidanzata fedele del Re moro (altra simbologia della notte).

A Napoli questo personaggio oggi risulta sbiadito nella memoria popolare, eppure nel presepe settecentesco la «Regina mora» al seguito dei Magi era sempre presente, sia pure come insignificante elemento esotico.


Alla vergine Maria riconduce la figura rappresentante LA LAVANDAIA, personaggio caratteristico della nostra tradizione presepiale.
Come testimone del parto verginale di Maria, essa deriva da sacre rappresentazioni medievali, dall'iconografia orientale e da tradizioni cristiane extraliturgiche.
Secondo la versione dei Vangeli apocrifi la Madonna fu visitata, al momento del parto, da più levatrici, ma solo una di esse volle accertarsi della sua verginità osando toccarla.
Nel protovangelo di Giacomo si legge: «E la levatrice uscí dalla grotta e Salomè si imbatté in lei.
Ed ella disse: - Salomè, Salomè, una vergine ha partorito, ciò di cui la sua natura non è capace -.
E Salomè disse: - Com'è vero che Dio esiste, se non metterò il dito e non esaminerò la sua natura, non crederò mai che la vergine ha partorito
» (A. Di Nola, Vangeli apocrifi, Ed. Lato Side, Roma P. 47).

La conseguenza di quel gesto fu che la mano, che aveva tanto osato, rimase incenerita all'istante; guarí solo dopo aver toccato il divino Bambino.
In conformità con tale versione si trovano sui presepi orientali più levatrici di Maria (lavandaie) che, dopo aver lavato il Bambino, stendono ad asciugare i panni del parto, il cui candore è suggestivo per un confronto con la verginità di Maria.


Simbologia pluridimensionale caratterizza la figura della zingara. LA ZINGARA, com'è noto, è personaggio profetico collegato alle sibille profetesse che nelle sacre rappresentazioni medievali assumevano ruolo primario.
Alla Sibilla Cumana la tradizione attribuiva una leggenda natalizia. Ella aveva predetto la nascita del Redentore, illudendosi di essere la vergine designata che lo avrebbe partorito.
Quando udí gli angeli annunziare la nascita di Cristo, si rese conto del suo peccato di presunzione e fu trasformata in uccello notturno, o addirittura in civetta.

LA ZINGARA COL BAMBINO IN BRACCIO può essere correlata non solo alla FUGA IN EGITTO di Maria che era, ella stessa, zingara in un paese straniero, ma anche a un mito legato a un'antica divinità solare molto simile alla natura del Bambino della tradizione cristiana.

Si narra di una donna vergine, chiamata STEFANIA, che, quando nacque il Redentore, si incamminò verso la grotta per adorarlo, ma ne fu impedita dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di visitare la Madonna che aveva da poco partorito.
Allora Stefania prese una pietra, l'avvolse nelle fasce fingendosi madre e, ingannando gli angeli, riuscì a entrare nella grotta il giorno successivo.
Ma quando fu alla presenza di Maria, si compí un miracoloso prodigio: la pietra starnutí e divenne un bambino, santo Stefano, il cui natalizio si festeggia appunto il 26 dicembre.

Il personaggio della zingara senza il bambino in braccio assume un significato drammatico perché preannunzia la Passione di Cristo.
I ferri che ella porta nelle mani vogliono simboleggiare i chiodi del futuro martirio del Signore.

Sk_14: Zingara, Napoli, Collezione Privata.
Foto di Luciano Romano



IL PESCATORE e IL CACCIATORE esprimono due tipi di cultura successivi alla società matriarcale: la pesca e la caccia, le piú antiche attività con cui l'uomo si assicurò i mezzi di sussistenza.

Interessante per la valenza che esprime è il costume del pescatore. Esso, connotato dal colore bianco e rosso, mostra attinenza con la piú antica liturgia del mondo popolare, non soltanto napoletano, e risulta collegabile allo stesso costume tipico dei fujenti della Madonna dell'Arco.

Al cacciatore che di solito imbraccia un fucile non è mai mancato l'ironico commento dei piccolo-borghesi napoletani che ignorando il senso culturale e metastorico della rappresentazione, ne hanno rilevato il contraddittorio anacronismo.
Ma si tratta dell'arroganza e della presunzione di una classe che ha sempre preteso di gestire la cultura, interpretandone i segni e le espressioni dall'alto della propria superficialità.

Le figure in coppia del cacciatore e del pescatore rinviano ad arcaiche rappresentazioni del ciclo morte-vita, giorno-notte, estate-inverno.
La pregnanza simbolica dei due personaggi è sottolineata, nella rappresentazione presepiale, dalla loro posizione che può dirsi canonica: vale a dire che il cacciatore si colloca in alto, mentre il pescatore è situato in basso, presso le acque fluviali.
Tale contrapposizione evidenzía chiaramente la dualità sacrale di una coppia attinente al mondo celeste e a quello infero.
Né si dimentichi che in tutte le antiche tombe egizie, etrusche e italiche sono ricorrenti le raffigurazioni funerarie della caccia e della pesca.



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