Roberto De Simone Giulio Einaudi - 1998 - £ 28.000
IL PRESEPE POPOLARE NAPOLETANO


Aspetti emblematici

Nelle diverse strutture presepiali ricorrono elementi rappresentativi che si collocano nella scenografia secondo una disposizione tradizionale.
I più frequenti sono il pozzo, la fontana, il mulino, il ponte, il fiume, la taverna, il castello e la grotta.

Il loro significato va al di là di semplici raffigurazioni paesaggistiche o scenografiche, e la loro ricorrente presenza trova una spiegazione logica nel codice onirico della tradizione popolare.
Si tratta, insomma, di rappresentazioni relative a credenze varie, a superstizioni, a leggende, al tessuto magico-religioso e al significato stesso del Natale.

IL POZZO
è uno degli elementi più ricorrenti nella tradizione perché rappresenta il collegamento tra la superficie e le acque sotterranee.
Ad esso si associa la Madonna, per cui in Campania diverse chiese si intitolano alla «Madonna del pozzo» (Somma Vesuviana, Castellammare ecc.).
Alla figura del pozzo si richiamano, inoltre, molte altre credenze e leggende natalizie.
Una volta ci si guardava bene dall'attingere acqua dal pozzo nella notte di Natale.
Si credeva, infatti, che quell'acqua contenesse spiriti diabolici capaci di possedere la persona che l'avesse bevuta.
Secondo un'altra superstizione si affermava che nei riflessi dell'acqua attinta apparissero le teste di tutti coloro che sarebbero morti entro l'anno.
Una credenza simile fu registrata da Propp (V. Propp, Feste agrarie russe, Dedalo, Bari 1978).

Nell'Avellinese, inoltre, si raccomanda ai bambini di tenersi lontani dai pozzi nelle sere delle festività natalizie, perché in quel periodo è in agguato un essere demoniaco detto «Maria 'a manilonga» la quale allunga le mani dal pozzo, cattura gli incauti bambini e li trascina nelle profondità delle acque sotterranee.

Sempre nella stessa zona si racconta che alla mezzanotte della vigilia di Natale sui ferri dei pozzi appare «'a papera cugliuta» ossia un'oca con smisurati attributi mascolini, la quale spaventa a morte coloro che hanno la sventura di guardarla.


Le scene in cui si colloca LA FONTANA, egualmente ricorrenti, sono rappresentazioni magiche, relative alle acque che provengono dal sottosuolo.

Nelle favole popolari la fontana è luogo di apparizioni fantastiche o di incontri amorosi.
La donna alla fontana, inoltre, è attinente alla figura della Madonna che, secondo varie tradizioni, avrebbe ricevuto l'Annunciazione mentre attingeva acqua alla fonte.
Nel Vangelo dello pseudo-Tommaso si legge: «Il giorno dopo, mentre Maria stava presso la fonte a riempire la brocca, le apparve un angelo del Signore e le disse: - Beata tu sei o Maria, perché nel tuo ventre hai preparato un'abitazione al Signore!» (I Vangeli apocrifi, Einaudi, Torino 1990, P. 76).

Insomma, l'Annunciazione di Maria alla fontana è antichissima rappresentazione popolare, derivata dai Vangeli apocrifi. Un esemplare iconografico di tale scena, risalente al V secolo, è conservato al Victoria and Albert Museum di Londra.

IL PONTE,
altro elemento ricorrente nella rappresentazione presepiale, è noto simbolo di passaggio ed è collegato alla magia.
Alcune favole raccontano di ponti costruiti in una sola notte per opera dei diavoli; in altre, si narra di tre bambini, di nome Pietro, uccisi e seppelliti nelle fondamenta della costruzione allo scopo di tenere magicamente salde le arcate.
Esso è perciò transito e limite che collega il mondo dei vivi a quello dei defunti, è luogo di spaventosi incontri notturni che si verificano in special modo nel periodo natalizio.
Vi appaiono il lupo mannaro, la monaca con la testa mozza dell'amante decapitato, i suicidi che da lí si sono gettati, i morti giustiziati, gli impiccati ecc.

In riferimento al segno del ponte, a Grottaglie e a Napoli, nel giorno dell'Epifania il presepe si arricchiva di una singolare scena. Vale a dire che lí, dove è situato un ponte fra due dirupi si collocavano dodici figurine di confrati scalzi e incappucciati, che mostravano il pollice della mano sinistra fiammeggiante: essi rappresentavano i mesi morti o i dodici giorni del periodo natalizio, che, al seguito dei Magi, ritornavano nell'Aldilà.


Il significato simbolico del MULINO comporta una lettura alquanto complessa. Emblematico è il segno delle ruote o delle pale che girano come raffigurazione del tempo. Chiara è l'allusione al nuovo anno, immaginato come una ruota che riprende a girare.
Del mulino, poi, è significante, nel senso infero, la macina che schiaccia il grano per produrre bianca farina, che, come è noto, è antica simbologia della morte (difatti del medesimo colore sono gli abiti da sposa, i confetti, i dolci natalizi, il camicione di PulcinelIa ecc.).
Ma la farina può assumere anche valenza positiva, per il fatto che diventa pane, alimento indispensabile al nutrimento di tutti (si ricordi che Cristo è detto «Pane della vita »).

Inoltre, anche per il mulino riscontriamo un riferimento mariano sia nel culto locale alla «Madonna del setaccio» (una raffigurazione di Maria vestita di bianco con un setaccio tra le mani) sia in quello alla «Madonna del mulino» che si venera a Lugo.


IL FIUME
sul presepe si rapporta alla sacralità dell'acqua che scorre: segno presente in tutte le mitologie legate alla morte e alla nascita divina.
Le acque rinviano, innanzitutto, al liquido che avvolge il bambino nel seno materno, ma rimandano anche all'Aldilà, ai fiumi inferi sui quali vengono traghettate le anime dei defunti.
Per tale motivo l'elemento fluviale ricorre liturgicamente nel culti mitriaci e presso i santuari di San Michele il cui culto è associato alle grotte e ai fiumi sotterranei.
Pertanto, non c'è struttura di presepe a Napoli dove il fiume non sia rappresentato con cascate impetuose che precipitano da fenditure della roccia, e dove esso non scorra addirittura con acqua autentica attivata da meccanismi tradizionali.


LA TAVERNA O OSTERIA,
che assomma in sé una complessità di significati, riconduce, in primo luogo, ai rischi del viaggiare. Infatti, anticamente, percorrendo lunghi e faticosi itinerari in carrozza, a cavallo o a piedi, si era obbligati a sostare di notte presso un'osteria per rifocillarsi e riposare.
Nel repertorio narrativo ricorrono figure di albergatori malvagi che avvelenano o uccidono nel sonno gli sventurati viaggiatori.


Sk_3:Taverna, Caserta, Presepe della Reggia.
Foto di Luciano Romano

In una leggenda napoletana si narra di un oste che nei giorni precedenti il Natale ammazzò tre bambini, li tagliò a pezzi e li mise in una botte, con l'intento di servirne le carni agli avventori, spacciandole per filetti di tonno. Ma giunse all'osteria san Nicola che ricusò di mangiare, benedisse quei miseri resti e resuscitò i tre bambini.

Sull'argomento della spaventosa leggenda le donne napoletane cantavano una nenia per addormentare i bambini, denominata «'o lagno 'e Natale» (la lamentazione di Natale):
Santu Nicola alla taverna jeva
Era vigilia e nun se cammarava.


Inoltre, l'osteria del presepe allude al viaggio di Giuseppe e di Maria in cerca di un alloggio, episodio che nella Cantata dei Pastori si sviluppa con il diavolo Belfagor, travestito da oste, il quale tenta di adescare la sacra coppia per sopprimere la Madre vergine.


Alla taverna si associa poi il significato rituale del mangiare che, come osserva Propp per il Natale russo, è relativo al banchetto del culto dei morti.
Ma l'osteria contigua alla grotta della nascita esprime anche il rischio che corre il Bambino divino partorito tra i mostri divoranti dell'angoscia, il quale sfugge miracolosamente al pericolo di essere ucciso o divorato appena nato.
Né si dimentichi che il Bambino Gesú giace di solito in una MANGIATOIA.

In ogni modo l'osteria è metafora del grande banchetto rituale, dove il tempo si consuma e si distrugge, ma decifrabile anche come sorta di Eucarestia, grande mensa sacrale, alla quale partecipano tutte le creature del presente (i viventi) e del passato (i defunti).


Nell'ambito della tradizione orale, al CASTELLO
si associano fantasmi di personaggi spaventosi e terribili storie di sacrifici umani (si fa esplicito riferimento alla possibilità di appropriarsi di ingenti tesori ivi nascosti, mediante l'uccisione di un neonato).
Ma la raffigurazione presepiale ha attinenza con Erode e con la strage degli innocenti.
Per tale motivo il castello viene collocato su uno dei punti più alti del presepe, dove fanno spicco una dozzina di soldati di epoca romana che impugnano una spada nella mano destra e stringono con la sinistra il piede di un bambino a testa in giú. Gli evidenti significati inferi qui giustificano pienamente il diffuso culto alla «Madonna del Castello» (Somma Vesuviana, Caserta, Castel Morrone ecc.).


LA GROTTA
dove nasce il Bambino è illuminata unicamente da teofanie celesti, quali astri splendenti che improvvisamente appaiono a rischiarare le tenebre.

Essa è chiaramente collegata al mondo degli inferi, secondo la simbologia dei miti più antichi, ma è anche interpretabile come una linea di demarcazione tra l'inconscio e il razionale, tra la coscienza e il limbo dove sono presenti i mostri del buio e dell'irrazionale.
La grotta rappresenta, insomma, quel limite crepuscolare fra la luce e le tenebre, fra la nascita e l'informe mondo che la precede, è segno femminile per eccellenza ed è soglia di accesso al mistero, al caos, alla morte, all'incomprensibile, al divino.
Per la sua pregnanza significativa la grotta, come simbolo del Natale, è il luogo che meglio di ogni altro esprime il senso della nascita divina.



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