Pierro Editore, Napoli
Le tradizioni di Natale e il presepe, 1996

Il Presepe
nelle descrizioni di viaggiatori stranieri

K. A. Mayer:
Vita popolare a Napoli nell'età romantica


Qui non risplende nessun abete...

Il Natale, la santa tranquilla festa invernale che nel nord rallegra piccoli e grandi, in Italia ha tutto un altro carattere.
Qui non risplende nessun abete con luci e noci d'oro, non si preparano segretamente regali che nella santa sera di dispongano su tavoli festivi.
Questa bella usanza l'hanno conservata soltanto gli stranieri, soprattutto i protestanti tedeschi, che abitano qui.

A Natale le persone di ogni classe sociale fanno un banchetto, del genere di quello pasquale.
Specialmente i capitoni, che vengono dai laghi abruzzesi, ed essendo in quei giorni ricercatissimi, salgono straordinariamente di prezzo, non possono mancare.
Le botteghe alimentari per istrada sono ornate di mirto, di alloro o di ghirlande di un miscuglio di varii verdi, e di sera splendidamente illuminate. Sopra vi collocano di solito anche un bambino Gesù, come datore di tutta questa magnificenza.
La vigilia di Natale la borghesia offre al re saggi di tutti i generi di frutta che la campagna produce in questa stagione.
Lazzaroni seminudi portano il dono al palazzo, e lo porgono al principe.

Già molte settimane prima di Natale cominciano appena si fa scuro, per le strade gli spari e i fuochi d'artifizio. Molti gettano raganelle dalle finestre, e spesso i passanti possono a stento ripararsi da quei materiali giocosi, che fischiando e scoppiettando saltano loro sul cappello e sulle spalle.

A Natale hanno una parte molto importante i cosiddetti presepi: essi rappresentano la nascita del Salvatore nella stalla col paesaggio.
Quasi in ogni casa ve n'è uno, e sono spesso fabbricati con molta arte, taluni prendono più stanze. Si vedono qui personaggi in antiche e nuove fogge, anche in costume napoletano, i più varii arredi, capanne, case, antichità, fiumi, ponti, monti, fatti di stoffa, di cartone, di legno, di porcellana non smaltata e di altro materiale.
Vedi qua una donna che stende panni sul tetto, un panettiere che inforna il pane, un Pulcinella che si prende per il naso, cortei funebri, soldati che fanno l'esercizio, e centinaia di altre scene, che talora sono perfino commoventi.

L'inverno passato visitai, pigiato in una folla numerosissima -a causa di ciò dovette esser messa una guardia- uno splendido presepe che stava al centro della stanza ricoperto da una cappa di vetro, in modo che gli si poteva girare attorno, e ammirare a ogni lato nuove rappresentazioni.
Vi erano in esso almeno cento figure molto graziosamente eseguite.
In una grotta si vedeva Maria col bambino Gesù e Giuseppe, gli angeli e i pastori da una parte, e i tre re magi inginocchiati davanti alla Vergine.
Sul monte veniva il loro seguito, in parte bianchi, in parte minori, a piedi e a cavallo, su bestie da soma e cammelli, e portava ogni sorta di tesori: splendide suppellettili, pietre preziose, bacini colmi di carlini nuovi e di monete d'oro napoletane.

Il proprietario del presepe, un prete molto anziano, spende tutto il suo avere in questi ornamenti, che formano tutta la sua ricchezza. Stenta tutto l'anno, per poter aggiungere ogni Natale ancora un paio di figure e di pezzi d'oro, ed è felice al pensiero di possedere il più bel presepe di Napoli, che vale qualche migliaio di ducati. Si dice che lo abbia lasciato per testamento al re.

I presepi nelle chiese restano visibili al pubblico solo pochi giorni: quelli nelle case private sono visitati fino alla purificazione di Maria, cioè fino al due febbraio.

Dal sedici dicembre in poi vengono molti pastori dagli Abruzzi in città, e soffiano per guadagno mattina e sera le cornamuse, i clarinetti e i pifferi davanti alle immagini di Maria nelle strade, mentre col cappello sotto il braccio guardano devotamente la santa.
Cantano anche un inno sul santo bambino Gesù, ripetendo ad ogni strofa la melodia.
I pifferari sono anche chiamati nelle case, molti di essi hanno determinate abitazioni e famiglie in cui ogni anno vanno a suonare.
Una tavola ornata di luci, si trasforma rapidamente in un altare, e i pastori eseguono dinanzi ad essa la loro musica sacra.
Per lo più sono ascoltati con indifferenza, spesso vengono richiesti di suonar dopo una melodia allegra.
Passato il Natale questi poveretti riscuotono il loro guadagno, e ritornano soddisfatti alle loro montagne.
Il loro modo di vestire è miserando, ma pittoresco; perciò spesso servono da modello agli artisti, specialmente a Roma, dove pure essi vanno. Per lo più suonano sempre la stessa melodia, a due.
In un ampio mantello scuro, con un cappello a punta e i sandali, un vegliardo soffia la cornamusa, sulla cui estremità egli talora mette il cappello, mantenendo con una canna dello strumento lo stesso tono, con l'altra salendo o scendendo un po' di tono, e un robusto ragazzo vestito di una villosa pelle di pecora e pantaloni rossi lo accompagna a tratti sulla chiarina o sulla zampogna.
Di quando in quando anche un terzo batte il cembalo.
A una certa distanza questa musica ingenua ha qualcosa di commovente.

Il secondo giorno di Natale ha luogo una grande festa a Santa Maria del Carmine. In particolare la si festeggia tagliando i capelli al crocifisso miracoloso che è in quella chiesa.
Un'enorme folla di popolo empie la chiesa e la piazza davanti alla chiesa, e i soldati posti di guardia possono a stento mantenere l'ordine, e fare largo ai magistrati che l'attraversano. Sotto il crocifisso, che è sospeso alla volta della chiesa, ed è velato per tutto il resto dell'anno, si vede eretto un alto palco, a cui conduce un passaggio dal muro.
Rullano i tamburi.
Sotto la scorta militare i magistrati entrano, e si inginocchiano sugli inginocchiatoi sontuosamente addobbati.
Comincia la messa solenne; il prete in abito d'oro di broccato prega all'altare maggiore, si inginocchia, si inchina; i piccoli coristi in rosso agitano gli incensieri; l'organo suona. Seri entrano sulla scena i preti, che devono tagliar i capelli a Cristo; tutti gli occhi fissano la misteriosa cortina verde scuro. Ora si solleva! Un lieto ah! saluta il Cristo coi capelli tagliati, che china ancor sempre il suo capo, perché quattrocento anni prima una pallottola spagnuola sfondando la chiesa, lo sfiorò -e la folla lascia la casa del Signore con alte grida di evviva!

In una bella mattina di Natale io andai al Molo.
Era un giorno chiaro, caldo di sole.
Il mare riposava come addormentato; per quanto lontano si spinse il mio sguardo, nessun battello, nessuna barca; solo le rondini di mare scherzavano svolazzando su e giù sul flutto azzurro. Regnava dappertutto nel porto un profondo silenzio, non turbato da nessun suono; solo le banderuole che erano innalzate in gran quantità sui cavi delle navi da guerra e mercantili, fluttuavano leggere.
Un bastimento americano si distingueva più di tutti gli altri per le sue banderuole multicolori.

(Mayer 1840)