Illustrato del 22-12-1979
IL PRESEPE A NAPOLI

Napoli canta anche a Natale
"Tu scendi dalle stelle" fu composta da S. Alfonso Maria de' Liguori, santo partenopeo, autore anche di una pastorale in dialetto.

di Renato Caserta

Per anni ed anni incontrastata regina della festività natalizia, negli ultimi tempi la canzoncina "Tu scendi dalle stelle" sembrerebbe destinata a scomparire di fronte all'incalzante avanzata della nordica "Stille Nacht", favorita soprattutto dalla diffusione attraverso i "mass media" (in televisione questa melodia è diventata la sigla di non so quale pubblicità).
E' un po' quello che è avvenuto per il presepe, che ha ceduto lentamente ma inesorabilmente il posto all'albero di Natale.
Queste sostituzioni di simboli queste modifiche di gusto o diffusioni di nuovi aspetti della religiosità, popolare sono di grande attualità. Alle interpretazioni antropologiche di vana ispirazione, a quelle psicanalitiche, sociologiche, magiche si replica da parte cattolica che considerare la religione popolare come religione delle classi subalterne significa non tener conto di alcuni dati storici di estrema importanza: in sostanza, dal medioevo ad oggi "credenze e pratiche della religione popolare sono comuni a tutte le classi sociali, con un perenne travaso di elementi da una classe all'altra".
In questa prospettiva meriterebbero di essere meglio approfondite la personalità e l'opera di un santo napoletano, Alfonso Maria de' Liguori.

Anche se di nobile famiglia, Alfonso de' Liguori, come prete, vescovo o dottore fu sempre "uomo del popolo". Benedetto Croce, nei suoi "Studi sulla vita religiosa a Napoli nel '700" lo ricorda come "autore di un gran numero di opere ascetiche, apologetiche, teologiche e morali, ancora oggi assai studiate tra i cattolici di tutti i paesi" ed aggiunge che rimò canzonette spirituali, anch'esse cantate dappertutto, tra le quali, notissima quella del Natale: "Tu scendi dalle stelle".
Ma non tutti sanno che a questo tema Alfonso de' Liguori dedicò anche una lunga pastorale in dialetto napoletano; una composizione che non è una versione in vernacolo di quella scritta in italiano, ma una creazione del tutto nuova, anche se si snoda sullo stesso motivo musicale. Direi di più: alla concettuosità teologica che ispira la canzoncina in italiano quella in dialetto napoletano contrappone una liricità più immediata, immagini più efficaci; ed anche se la composizione appare disuguale e non sempre raggiunge lo stesso livello poetico, risulta artisticamente più valida.
Se lo scrittore danese Joergensen, ricordando a Betlem "Tu scendi dalle stelle" ascoltata anni prima in Italia, piangeva di commozione e ne esaltava in una bella pagina la forza lirica, un altro straniero, il Nonemberg, tradusse in tedesco il poemetto napoletano, esclamando estasiato: "Oh, quanta grazia e quali profondi sentimenti di pietà spira questo carme sul Natale scritto in dialetto napoletano".

Forse oggi non siamo più in grado di intendere perfettamente il significato dei versi: questo vernacolo settecentesco, che nemmeno il popolo più modesto parla più, ci appare lontanissimo, e anche molti napoletani che pur conoscono il dialetto stentano ad interpretarlo o non riescono a cogliere con immediatezza la freschezza di certe immagini.

Oltre che poeta, il de' Liguori "nella sua giovinezza - come ricorda anche C.A. Jemolo nell'Enciclopedia Italiana - aveva dato non comuni prove nella musica e nella pittura".
Il padre lo rinchiudeva per tre ore al giorno a studiare musica, e Alfonso a dodici anni già toccava - secondo testimonianze - il cembalo da maestro.
A Pagani, nell'oratorio attiguo alla camera dove il santo morì nel 1787 e dove è sepolto (era nato a Marianella di Napoli nel 1696) si conserva la spinetta su cui suonava negli ultimi anni.
In pieno Settecento Napoli era il centro della vita musicale. Alle "grazie e alle veneri" alle quali inneggiava Metastasio la città aggiungeva di suo la vivacità, l'estro, il colore dell'opera buffa.
L'animo candido di Alfonso de' Liguori (cui toccò di trattare, nei suoi libri teologici, delle più complesse questioni sessuali) guardava con orrore al diffondersi anche tra il popolo delle ariette orecchiabili del Metastasio e pensò di mettere a frutto la propria vena poetica fornendo ai fedeli versi facili che alimentassero la devozione. E così l'avversario del poeta cesareo finì con lo scrivere canzonette sacre che giustamente nella grande storia della letteratura italiana del Vallardi il Natali definisce "metastasiane".

Non contento di aver composto in italiano numerose poesie, alcune degne di uno Jacopone da Todi, volle anche scriverne in dialetto, per facilitarne la diffusione tra i più umili. Nasce così la deliziosa pastorale "Quanno nascette Ninno a Bettalemme", composto molto dopo "Tu scendi dalle stelle": questa già si trovava nelle prime edizioni dei versi alfonsiani, a metà del Settecento, mentre della canzoncina napoletana non si hanno notizie precise e sembra che sia stata stampata per la prima volta nel 1816.
Della pastorale natalizia Alfonso de' Liguori scrisse la musica? Non si può affermarlo con certezza, anche se sappiamo che di altre sue canzoni il santo compose la musica. In uno studio di Wilhelm Lueger si sostiene con validi argomenti che la melodia è un adattamento di un canto popolare.

La melodia alfonsiana è richiamata in una delle pochissime canzoni napoletane in cui si parla del Natale.
Se la poesia dialettale è ricca di motivi ispirati alla solennità cristiana, la canzone napoletana ignora quasi la festività di dicembre: la canzone - è stato osservato - è destinata ad esplodere nel sole, nella pienezza ridanciana della vita o del calore e nei tormenti delle passioni; e l'atmosfera decembrina è la meno adatta per simili ardori.
Potremmo solo ricordare la canzone di Di Giacomo musicata da Enrico De Leva, in cui echeggiano appunto le note della pastorale alfonsiana, e la canzone di Armando Gill, da lui stesso musicata e cantata.
Degne di essere ricordate sono, inoltre, la deliziosa "Natale" del poeta Clemente Parrilli e del musicista Evemero Nardella e "Lacrime napulitane" di Libero Bovio e Buongiovanni. Ma la bella lirica di Bovio "forma il prototipo - osservava Amedeo Mammalella - delle canzoni nelle quali il Natale entra come data, stavamo per dire come pretesto, di una storia di pianto e di dolore".

Ormai l'humus religioso e sociale, che alimentava versi e musica di altri tempi, è scomparso.
Quando, una quindicina di anni fa, un gruppo di poeti napoletani ("Lo Sciaraballo") guidati da Ettore De Mura volle dedicare al Natale una delle sue serate letterarie in un circolo cittadino, i temi ricorrenti delle composizioni erano o il tenero ricordo di un amore giovanile, o l'ironia per il consumismo che aggredisce dalle vetrine, o una distaccata deplorazione per il tramonto del presepe soppiantato dall'albero nordico.

Renato Caserta