Extra Rete - 09.12.2000

Napoli è un grande presepio...

Un sito ricco di immagini e materiali racconta i fasti di una tradizione più profana che sacra

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  • Carlo Silini

    A casa forse no, ma nelle sagrestie e negli oratori c'è da scommettere che in questi giorni gli immancabili signori-tuttofare delle parrocchie, con occhi luccicanti, dirigano i grandi lavori dell'Avvento, le maniche arrotolate sugli avambracci, impastando colla e giornali, tagliando assi di compensato col Black & Deker, assemblando sagome di sagex con un'idea fissa nella testa: fare un presepio più bello dell'anno scorso.

    Sono in molti in Ticino a condividere una smodata passione per le sacre statuine che illustrano la natività. Ma se c'è una terra dove il presepio è più di un rito affettuoso, questa terra si chiama Napoli. "Il presepe è Napoli e Napoli è il presepe" si legge nello splendido sito "O Presebbio" (l'indirizzo è http://www.o-presebbio.com/). "Gesù Bambino - cito un altro passaggio - nasce a Napoli come nel mondo intero, ma, a Napoli, città così ricca di leggende, storia e tradizione, la nascita divina non poteva essere come nel resto del mondo, "U Piccirillo" nato in una mangiatoia, viene ad essere il simbolo di una derelitta plebe che vede nella fede, forse bigotta, forse permeata di paganesimo, un riscatto alla propria reietta condizione". Al di là delle considerazioni storico-sociologiche "O - Presebbio" è una miniera di immagini (674), spiegazioni e riferimenti non solo artistici (in totale assembla 309 pagine html) preziosissimo per gli amanti del genere. Sono tratti in gran parte da antichi supplementi del quotidiano "Il Mattino" di Napoli e da altre pubblicazioni. Tutte diligentemente citate. E questo è un gran titolo di merito dato che sono così pochi in rete a citare le proprie fonti...

    E così ecco che seguendo il sito pagina dopo pagina si può assistere all'"evoluzione delle forme di rappresentazione plastica della Nascita, del mutamento dei significati simbolici del presepe nell'arco del tempo, della tecnica costruttiva delle scenografie, del valore dei costumi come testimonianza etnografica, delle minuterie, degli autori, delle raccolte delle nostre collezioni pubbliche". E si scopre, ad esempio, che il presepio settecentesco partenopeo, articolato su tre scene fondamentali (la Nascita nella grotta-stalla; l'Annuncio degli angeli ai pastori nei campi; la Taverna con gli avventori che banchettano all'aperto) è più profano che sacro essendo concepito come una rappresentazione spettacolare, più che mistica, della vicenda. Imperdibili sono gli aneddoti raccolti nel sito. Si narra ad esempio del principe di Ischitella che fin dal 1765 era stato costretto "ad impegnare i gioielli dei Magi e gli ori delle popolane del suo presepe" per una momentanea necessità di liquidi. Perché, sia detto per inciso, il presepe napoletano (quello che si eleva ad opera d'arte, s'intende) non era un passatempo per ogni tasca. All'epoca di Carlo Di Borbone era un lusso che potevano permettersi gli aristocratici e i ricchi borghesi. Ce n'erano di talmente cari da sollevare le critiche degli stranieri di passaggio. Basti ricordare il presepe "De Giorgio" che ha fatto storia. Occupava tutte le stanze di una villa di via Toledo e venne montato ogni anno, fino al 1826, con modifiche di personaggi e di impostazioni scenografiche che coinvolgevano artisti e architetti di chiara fama. «La cosa più straordinaria - si legge nel sito che cita un libro della fine dell'Ottocento - era che si vedeva "pure, di sotto al passaggio, una caverna, un pandemonio, ardente di vivo fuoco, con gli spiriti infernali, che, nel loro rovello, si graffiavano, si accapigliavano, davan di capo nella roccia. Quell'inferno era un paradiso pel nostro popolino"».

  • http://www.o-presebbio.com



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