Elena Sica per Tascabili Economici Newton
IL PRESEPE NAPOLETANO
Storia e Folclore di una Grande Tradizione

Il presepe: scoperta dei costumi popolari
del Regno di Napoli

L'interesse per i costumi popolari è un fenomeno schiettamente settecentesco, di ambito europeo, che andò a confluire all'interno di una lunga e consolidata tradizione di pubblicazioni che illustravano eruditamente i vari modi di vestire dei popoli antichi e moderni.

La curiosità illuministica per l'inedito, il nuovo, l' "esotico", portò a un rinnovato interesse per questo settore, che si andò ampliando includendo anche i costumi popolari, così poco conosciuti e documentati, quanto piacevoli e di sicura presa su un pubblico ben disposto verso questo genere.

Nel Regno di Napoli questo interesse coincise con una realtà particolarmente ricca, che presentava una straordinaria varietà di abbigliamenti.
Ogni piccolo e sperduto paese poteva vantare un suo costume, nel quale la comunità si riconosceva e che rappresentava il simbolo palese di una identità locale orgogliosamente "indossata".
La presenza così varia di abbigliamento sul territorio fece sì che verso l'abito popolare si rivolgesse un interesse tra lo scientifico e il pittoresco.

Questa situazione così stimolante trovò un referente culturale nella realizzazione dei settecenteschi pastori che animavano i più bei presepi della città: figurine squisitamente atteggiate ed abbigliate che riflettono un autentico interesse per la vita della gente semplice, le scene di vita quotidiana nella Napoli del tempo.
Si possono così riconoscere, tra le varie figurine, l'uomo delle colline di Posillipo, altezzosamente elegante nella sua giamberga e cappello a tricorno, la donna dell'isola di Procida con la tipica zimarra, la donna pozzuolana col capo devotamente coperto e così via.

L'abbigliamento dignitoso e, spesso, anche ricco degli abitanti del Regno può sorprendere, se si pensa alle misere condizioni di vita della plebe napoletana in quegli anni.
Il contrasto insanabile tra la ricchezza dell'abbigliamento e le condizioni generali di miseria, trova una sua spiegazione nel significato profondo che è legato al concetto di "costume popolare", simbolo di identità locale e orgoglio di una comunità per la quale esso rappresentava la propria dignità e storia.
Nulla di più facile che i costumi indossati dai pastori siano quelli indossati dal popolo in occasioni festive e cerimoniali.

Nel 1822 Nicola Morelli, nella sua biografia su Francesco Celebrano, ricordava in un noto passo che «la Maestà del Nostro Sovrano per far cosa grata all'Augusto suo fratello Lì mandò di ogni Paese delle nostre provincie la figura di un uomo e di una donna galantemente vestiti».
Affermazione che segnalava il tempismo di Ferdinando IV intento a continuare la passione del re suo padre per il presepe, commissionando una serie di pastori abbigliati con "costumi del Regno".

L'attenzione alla vestitura che è fondamentale ai fini dell'unità espressiva di qualsiasi scultura, spinge a una cura sapiente nella scelta delle stoffe, dei colori, delle guarnizioni, dei modelli, dei dettagli, dei monili, degli accessori (panieri con cibarie o frutta tipiche dei luoghi di provenienza degli "offerenti" e in rapporto con le condizioni sociali espresse dagli stessi costumi; strumenti musicali, coltelli, pipe, bastoni).


Sk_23: Contadinella procidana con panierino con uva.
Napoli, Museo di San Martino, collezione Cuciniello.
Foto di Giuseppe Gaeta

Ricchi campagnoli e popolani, rustici e mendicanti, mercanti e bottegai, osti, uomini e donne della città e della campagna, dei casali e delle province meridionali; una società varia e composita che menava vanto dei suoi gusti e delle sue abitudini: non solo le vesti ma anche i gioielli e gli ornamenti segnalavano le scelte di ogni "tipo" e lo status economico raggiunto.

Più volte ci si è domandati perché Ferdinando IV, tra tanti temi possibili, abbia scelto proprio la raffigurazione dei costumi del Regno.
Per comprendere lo spirito in cui nacque il progetto è indispensabile pensare che Napoli, nel XVIII secolo, viveva un suo momento magico, nato da una serie di fortuite coincidenze: le stupefacenti scoperte di Ercolano e Pompei, il protagonismo del Vesuvio, la curiosità e l'attenzione suscitata in gran parte d'Europa che fecero della città meta d'obbligo del Grand Tour.

L'interesse per il costume popolare cominciò a svilupparsi in relazione a sollecitazioni di varia natura.
Raccogliere la campionatura delle fogge popolari del vestire, era come attuare una sorta di ricevimento e inserimento, nei presepi maggiori della capitale, dei popolani rappresentanti dei moltissimi paesi, quasi tutti poco o affatto conosciuti, sparsi nelle estese province del Regno.
Per Ferdinando IV il mondo della plebe urbana e rurale costituiva un campo pieno di curiosità pittoresche di cui, in buona parte, possedeva il codice di lettura, più che di comprensione.

Ammirando i presepi antichi, si scorgono gli abitanti delle varie contrade del Regno, se ne osservano i vari costumi e se ne distingue la provenienza.

Numerosissimi e vari sono i costumi femminili, meno numerosi e interessanti, nel complesso, i costumi maschili.
Degni di nota sono i differenti copricapi usati dalle donne che animano il paesaggio presepiale.
Nel costume popolare, il copricapo ha un ruolo fondamentale e contraddistingue la sua identità locale.
Altro elemento costante nel costume popolare femminile è il ricamo, più o meno raffinato, eseguito in casa dalle stesse donne.

Particolarmente pittoreschi i costumi degli abitanti delle isole di Ischia e Procida.
Il costume della procidana diviene icona romantica. E soprattutto il soprabito che caratterizza la foggia procidana, la zimarra o camiciola, aperta sul davanti, lunga fin quasi alla caviglia, con le maniche strette e i bottoni in oro.
La donna dell'isola d'Ischia, invece, è rappresentata col fuso e la conocchia tra le mani, intenta a filare. Indossa un abito fastoso, alti zoccoli, una camicia dalle maniche lunghe e ampie.
Gli uomini ischioti indossano un berretto di lana blu, una camicia, giubbetto e calzoni di lana. Ognuno di essi porta al fianco un largo coltello da potatore, curvo all'estremità; mentre gli uomini di Procida indossano berretti frigi e panciotti orientaleggianti.
Attraenti sono in particolare, pure, i tipi popolari degli Abruzzi, i pastori con il panciotto di pelle di pecora, con le fasce di tela attorno alle gambe e con le cioce ai piedi.
In questo modo i "ciociari" stanno nel presepe come gli abruzzesi, in carne e ossa, giungono in città, quali messaggeri del Natale.
Vengono sempre in coppia, un vecchio abbronzato dal sole con un tabarro gettato sulle spalle, la cornamusa o la zampogna, e un giovane con il piffero.
Migrano nella capitale per le devozioni nei nove giorni della Concezione, e per la novena della ninna-nanna a Gesù Bambino che, di sera, viene eseguita a San Domenico Maggiore, secondo la composizione del Paisiello.


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