Elena Sica per Tascabili Economici Newton
IL PRESEPE NAPOLETANO
Storia e Folclore di una Grande Tradizione

Mitologie e Simbolismi nel Presepe Napoletano

3) Gli scenari

Il presepe popolare napoletano presenta sempre una struttura ben precisa.
In tutti i presepi della tradizione, infatti, si riscontrano una serie di luoghi fissi di rappresentazioni con una loro precisa collocazione, il cui significato va oltre la semplice raffigurazione paesaggistica o scenografica.
La ripetizione tradizionale di questi elementi ha la sua spiegazione nel tessuto mistico e favolistico della stessa tradizione popolare.
Si tratta, insomma, di rappresentazioni emblematiche collegate a leggende, credenze e usanze inerenti il Natale.


La Grotta Il Fiume, il Pozzo, la Fontana L'Osteria Il Forno e
il Mulino
Il Ponte La Stella



a) La Grotta
Al centro, nel luogo più basso, si trova la grotta con altre grotte laterali di proporzioni ridotte, in cui vi sono le greggi con il pastore, nell'atto di scaldarsi accanto al fuoco, animali da cortile, mucchi di paglia.
Impervi sentieri conducono dalle montagne alla grotta, simbolo materno per eccellenza, luogo della nascita miracolosa; un viaggio in "discesa", dall'alto verso il basso, un viaggio verso il sotterraneo, le viscere della terra, ove, vincendo le angosce della discesa nel buio, si partecipa alla nascita del sole, del trionfo della luce sulle tenebre, della rinascita della natura sull'inverno.

A volte il presepe presenta una struttura a torre dove, dal punto più alto su cui è arroccato il castello di Erode, si procede a spirale, anche essa simbolo di vita e di rinascita, al luogo più basso ove, in primo piano, è ubicata la grotta.

La grotta viene a configurarsi come un incerto confine tra la luce e le tenebre, la nascita e l'informe mondo che la precede ma, anche luogo di ingresso alle tenebre, agli inferi, al mistero della morte.
Non a caso, nella mitologia, la porta d'accesso all'Ade, al tenebroso mondo degli inferi, è una grotta.

La grotta è mondo magico se letta in riferimento all'antro della Sibilla Cumana o, se si pensa ad una popolare leggenda che circola nel napoletano secondo cui Virgilio, dotato di poteri magici, in una notte, con l'aiuto di potenze sovrumane, costruì una grotta che mettesse in collegamento Pozzuoli con gli abitanti dei paesi limitrofi.

La tradizione che vuole Gesù nato in una grotta è attestata in Oriente già nel II secolo, mentre in Occidente compare solo due secoli dopo, soppiantando completamente la tradizione della Nascita divina in una stalla o capanna.


b) Il fiume, il pozzo, la fontana
Il fiume sul presepe è segno del tempo che scorre, simbolo del ciclo vitale, della nascita e della morte.
E' esso stesso linea di confine tra mondo dei vivi e mondo dei morti, tra l'aldilà e l'aldiqua, è il fiume attraversato dalle anime per raggiungere l'altro regno, ma è anche luogo in cui chi vi si immerge ne esce purificato e liberato dalle passioni.
E' fonte battesimale, ricorda il Giordano nelle cui acque sarà battezzato Gesù.

L'acqua stessa è carica di simboli e significati: è riferimento ai liquidi che avvolgono il feto nel grembo materno; ma è anche carica di valenze religiose se si pensa che le acque esistevano prima della creazione; «Le tenebre coprivano la superfice dell'Abisso e lo Spirito di Dio planava sulle acque». Il simbolismo delle acque implica tanto la morte che la resurrezione.
Il contatto con l'acqua comporta sempre una rigenerazione sia perché è emblema di nuova nascita, sia perché l'immersione fertilizza.

Il pozzo è uno dei segni più presenti in tutta la tradizione.
Esso rappresenta un collegamento tra la superfice e le acque sotterranee e, ad esso, si collegano diverse leggende e credenze diffuse nel napoletano.
Si credeva, infatti, che se si fosse attinta dell'acqua da un pozzo nella notte di Natale, vi si sarebbero visti riflessi i volti di coloro che sarebbero morti durante l'anno e, ancora, che l'acqua attinta fosse infestata da spiriti diabolici che avrebbero posseduto chiunque avesse bevuto l'acqua.

La fontana sul presepe è un'altra rappresentazione magica, che nella tradizione ha largo spazio.
Nelle favole popolari essa è il tipico luogo di apparizioni fantastiche o convegni amorosi.
Nel Vangelo dello pseudo Tommaso si legge che la Madonna è visitata dall'angelo, una prima volta, proprio mentre si reca alla fontana ad attingere acqua.


c) L'osteria
L'osteria è un luogo drammatico dai significati complessi, collegato alla pericolosità del viaggio e della notte.
Essa si riferisce all'episodio tradizionale di Maria e Giuseppe che, in viaggio, non trovano alloggio; ad essa si associa anche il significato rituale del mangiare, riferimento alla vita materiale contrapposta a quella spirituale e, non a caso, infatti, l'osteria è posta accanto alla grotta.

Al mangiare natalizio si associa il banchetto dei morti, la voracità, intesa anche in relazione alla fine dell'anno.
In altro senso, l'osteria, aggregata alla grotta, esprime anche il rischio corso dal Bambino di essere divorato o ucciso appena nato. Né si dimentichi che lo stesso Bambino è sempre stato rappresentato, dalla tradizione cattolica, in una mangiatoia.

Al carattere drammatico, quasi inferico, dell'osteria, si ricollegano pure molte leggende napoletane, in cui si narra di osti cattivi, che avvelenano, o uccidono nel sonno, i loro clienti.
Ancora l'osteria è presagio del tradimento di Gesù da parte di Giuda, durante l'ultima cena, avvenuto, non a caso, proprio a tavola.
Essa è anche riferimento alle nozze di Cana, in cui tutto si svolge tra tavole imbandite.

Dell'osteria si riconosce un'abbondanza di cibarie: salsicce, caciocavalli, prosciutti, carni fresche macellate, fiaschi di vino, piatti colmi di maccheroni, pani, cibarie simbolicamente alla portata di tutti, con la canonica presenza di tavole imbandite, tra cui razzolano animali da cortile, mentre, gli astanti sono allietati da musici.
In questo senso l'osteria è espressione della variopinta popolazione partenopea avvezza al pasto in comune, al piacere del mangiare e del bere portato all'eccesso, fino a divenire crapula o sbornia, soprattutto presso quelle classi che erano solite mangiar poco e bere acqua durante l'anno.

La stessa abbondanza di ogni sorta di ghiottonerie, dovrebbe bastare a mostrare l'infondatezza della comune opinione, che nell'osteria presepiale vede nient'altro che la riproduzione generica di una comune "bettola" di campagna: infatti, le rare bettole di campagna che si incontravano a quel tempo nel Regno di Napoli erano sudice, squallide e povere.
Gli stessi frequentatori dell'osteria presepiale hanno impressi, nei loro volti, non l'aria stanca del viandante di passaggio, ma la passione per la buona tavola, le donne e il gioco; e tra essi, spesso, si scorge anche il tipo attaccabrighe, pronto a metter mano al coltello.

Le osterie napoletane, scrigni di tradizioni popolari, cultura e spirito della città partenopea, vennero celebrate dai dipinti della scuola di Posillipo, dai versi di Basile e di Di Giacomo.

Vero paradiso pantagruelico, l'osteria, sul presepe, ricorda le macchine della Cuccagna, edificate per la gioia del popolo e dei sovrani, fino al volgere del XVIII secolo; trionfo dell'abbondanza alimentare, diluvio carnevalesco di commestibili, paradiso alimentare di quelle classi più misere della società.


d) Il forno e il mulino
Accanto all'osteria si ritrova il forno, un vero bozzetto di vita popolare in cui compaiono sacchi di farina, fascine, ceste ricolme di fragranti pagnotte appena sfornate, ciambelle, tortani e altri pani di varie fogge.
Il pane è chiaro simbolo di Cristo, definito nelle scritture, appunto, il pane della vita; ma è anche ammonimento che «di non solo pane vive l'uomo ma di parole ed opere».

Sk_9: Il Forno, Napoli, Collezione Privata.
Foto di Luciano Romano

Ben più profondo è il significato simbolico del mulino.
Da un lato è emblematico il segno delle ruote, quale raffigurazione del tempo che scorre; dall'altro è significativa la macina che trasforma il grano in farina, il cui colore bianco è fortemente in relazione con la morte, ma anche con la purezza, con la verginità.


e) Il ponte
La presenza del ponte sul presepe suggerisce l'idea del passaggio pericoloso presente nei rituali e nelle mitologie iniziatiche e funerarie.
L'iniziazione, la morte, la conoscenza assoluta, la fede equivalgono a un passaggio da un modo di essere a un altro.
Per esprimere questo passaggio paradossale le varie tradizioni religiose hanno largamente usato il simbolismo del ponte.
La visione di San Paolo ci mostra un ponte stretto come un capello che collega il nostro mondo al Paradiso. La stessa immagine si ritrova presso gli scrittori e i mistici arabi...

I trapassati della mitologia iraniana si servono del ponte Civat per il loro viaggio post mortem: esso ha lo spazio di nove lance per i giusti, ma per gli empi è sottile come la lama di un rasoio.
Sotto il ponte Cinvat si apre l'abisso infernale.
Nelle tradizioni cristiane, i peccatori, incapaci di attraversare il ponte per il Paradiso, vengono precipitati nell'Inferno.
Le leggende medievali parlano di ponti irti di chiodi, su cui devono passare gli eroi, a mani e piedi nudi e il passaggio avviene con angoscia e sofferenza.
Il ponte è simbolo del viaggio, del cammino, del pellegrinaggio verso il mondo dei morti, verso l'aldilà.


f) La stella
Prima di concludere non poteva certo mancare una breve nota sulla Stella, onnipresente su tutti i presepi.
«Nella grotta poi risplendeva una stella di straordinaria grandezza, come mai se ne era vista una simile dalle origini del mondo.
I profeti che erano in Gerusalemme dicevano che questa stella annunciava la nascita del Messia
»

Le comete hanno sempre evocato paure e superstiziose apprensioni.
Le loro occasionali apparizioni hanno sfidato la nozione di un cosmo inalterabile e ordinato. Pareva inconcepibile che una spettacolare striscia fiammeggiante, color latte che sorgeva e tramontava con le stelle ogni notte, non fosse li per qualcosa, non contenesse un presagio.
Così sorse l'idea che le comete fossero araldi di disgrazia, che predicessero la morte di principi o la caduta di regni.

La nascita del Re dei re si presentò come scompiglio dell'ordine immutabile ed eterno, come sovvertimento del "sempre identico".
Il disordine è ben raffigurato sul presepe: un Re che nasce povero, una stalla che splende come il sole, gli innocenti che vengono uccisi, e così via.
Tale disordine è ben sintetizzato, verbalmente, nell'opera di sant'Alfonso de' Liguori:
Quanno nascette Ninno a Betlemme
era notte e pareva miezojuorno...
cu tutto ch'era vierno Ninno Bello
nascettero a migliaia rose e sciure...


La stella cometa diventò, allora, simbolo di un incontro tra opposti, conciliazione tra ordine e disordine.


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